Opening reception: October 13th, 2012, h 6.00 p.m., Galleria Grafica Campioli, via Bellini 46 – Monterotondo (Roma). Art exhibition consisting of works by Ellen G. and Clara Garesio.
Dejà vu Vernissage della mostra bi-personale di Ellen G. e Clara Garesio, h 18.00, Galleria Grafica Campioli, via Bellini 46 – Monterotondo (Roma), a cura di Gianluca Pirozzi, testo critico di Enzo Rea. In mostra opere realizzate con varie tecniche legate all’idea del dejà vu, dove immagini e oggetti, già patrimonio della memoria comune, rivivono una inaspettata seconda esistenza.
Il “Bello” ritrovato
Un mondo fantastico e a volte onirico quello creato da Ellen G., che a ragione si potrebbe definire platonico, teatrale, o forse addirittura tautologico, perchè parte dal presupposto che la bellezza della pittura sia un tutto compiuto, un mondo perfetto su cui poco o nulla può essere aggiunto. In un’epoca in cui troppi si improvvisano iconoclasti, lei predilige la scelta dell’icona artistica con la quale allineare nuove opere nella vastità creativa che la contraddistingue.
Così, quasi come se fosse in possesso di una sorta di polo magnetico delle bellezze, utilizza questo magico strumento per attirare le migliori gemme di un patrimonio dell’arte storicizzato e raccolto nei musei e nelle pinacoteche del mondo intero: come se Michelangelo, il Bronzino, Leonardo, il Vasari o, tra i moderni, Magritte, Picasso o Modigliani, “fossero presi per incantamento” e raccolti nei contorni di una sola cornice.
Ma il percorso di Ellen G., che spazia ben al di là del collage, spingendosi sino alla scultura, non vuole essere solo un “viaggio catalogante”, anche se l’amore per la Bellezza e per ciò che di emozionante racchiude, lei ha la fortuna di coltivarlo “per nascita”; e forse è proprio per questo che persegue il bello, avvertendone la mancanza intorno a sé.
Nelle opere dell’artista lo spazio si allarga, si estende in tutte le latitudini cromatiche espandendo le potenzialità della figura nella Pittura. C’è da smarrirsi in questo sviluppo di immagini, cariche di simbologie e rese complesse, tutte, da un’attenzione fiamminga al dettaglio. Lo sguardo dello spettatore, infatti, è sottoposto a una successione pressoché infinita di suggestioni che incuriosiscono ma allo stesso modo stordiscono, in una ebbrezza figurativa affascinante. «Esistono legami mentali e soprattutto culturali fra le immagini o frammenti di esse che utilizzo, basati sull’assonanza, ma anche sul contrasto, attraverso una ricerca estetica di pura armonia compositiva che mi porta a selezionare elementi in base alla forma, al colore, dimensione e fattura» dichiara Ellen G.
Ma come è possibile che un semplice accostamento di così tante immagini abbia un effetto così armoniosamente travolgente?
L’unica spiegazione possibile è la teoria sui “mondi paralleli”, quelli che gli psicologi dell’infanzia chiamano “paracosmi”: paesaggi complessi e completi popolati di animali, dame ed eroi, diretti da leggi immaginarie formulate secondo il nostro esclusivo e personale arbitrio: un estratto di realtà, un’essenza che contemporaneamente fa comprendere il potere straordinario del particolare. Così prendono forma visibile i pensieri, palesandosi in modo spontaneo, senza vincoli preposti dalla norma, nè di prospettiva nè di volumi nè d’altro, estrinsecando la loro unicità semplicemente dall’accostamento di personaggi, colori ed elementi che possiedono già di per sé una qualità espressiva testimone di una cultura del passato capace di riflette il presente. Una bellezza ideale, dunque, che già lo storico dell’arte Winckelmann usava definire “nobile semplicità e calma grandezza” riferendosi alla grazia delle opere antiche. Le sue riflessioni hanno offerto stimoli per alcuni fra i più importanti artisti del passato. Nel nostro caso è quella stessa “grazia” che oggi assume la forma pura dell’intelletto, o piacere intellettuale, estatico, indeterminato verso un abbandono gioioso dei sensi, ai fini di una ricomposizione immaginaria e del tutto irreale.
Enzo Rea